Alla voce «fiction» sull’autorevole Devoto-Oli si legge: «Letteratura amena, narrativa e con accentuato carattere romanzesco, specie in contrapposizione ad altri generi letterari. Nel cinema e nella televisione il termine si usa a proposito di quei film che basano la loro storia su fatti e personaggi di fantasia, in contrapposizione dunque ai documentari». Insomma, in una sola parola: finzione.
In questi giorni, con una superficialità di analisi e giudizio che è disarmante, magistrati, parlamentari di destra e di sinistra, giornalisti, uomini di governo, intellettuali e gente di spettacolo si sono esercitati in un artificioso quanto stucchevole dibattito per discutere se la «fiction» - e quindi la finzione – sul «Capo dei Capi», ovvero su Totò Riina e le sue «gesta» mafiose corrispondano alla realtà e se non suscitino addirittura una sorta di spirito di emulazione in quanti – soprattutto giovani – la guardano acriticamente.
L’ultima di queste analisi, rivelatici, per certi versi, di una irrazionale iconoclastìa per tutto ciò che non abbia i crismi di una certa «antimafiosità» - e nel caso specifico di un lavoro artistico di finzione, per definizione arbitrario e quindi senza vincoli di fedeltà a fatti e verità processuali - l’ha proposta il Pm della Dda di Palermo, Antonio Ingroia che durante un incontro a Potenza organizzato dall'associazione «Libera» ha osservato: «Alcune fiction come “Il capo dei capi'” possono essere dannose perché creano iconografie al contrario dei mafiosi».
Con lo stesso metro di valutazione di «dannosità» e l’identico, disinvolto approccio, solo per fare un esempio, dovremmo vietare film, spettacoli teatrali, libri in cui la violenza viene raccontata e descritta.
E’ come se, volendo fare una provocazione, discutessimo se il «Davide con la testa di Golia» del Caravaggio possa essere dannoso o meno per chi lo osserva….
Non sarebbe meglio, piuttosto che vietarle le «finzioni», restituire il loro originario senso alle parole e preoccuparsi di utilizzarle con la necessaria perizia, piuttosto che confondere, banalmente, la «fiction» con la cronaca, e promuovere la cultura della visione, della lettura, dell’analisi critica ?
Insomma, si scade nel ridicolo se si pretende di appiccicare persino ad una «fiction» l’etichetta o meno di «antimafiosità»
Come scriveva Theodor Wiesengrund Adorno «La libertà non sta nello scegliere tra bianco e nero, ma nel sottrarsi a questa scelta prescritta»
Nino Ippolito
Nella foto «Davide con la testa di Golia»
Olio su tavola, cm 90,5x116,5
Custodito al Kunsthistorisches Museum di Vienna
Olio su tavola, cm 90,5x116,5
Custodito al Kunsthistorisches Museum di Vienna
8 commenti:
La maggior parte dei serial-killer americani non ha mai visto un film dell'orrore: in compenso ha studiato dalle suore e letto la Bibbia...
Forse sarebbe il caso di rivedere il giudizio sulle Sacre Scritture: fratricidi, tentativi di sodomizzazione, incesti. In effetti non mi pare lettura per educande...
Io non credo che il problema sia la fiction o l'emulazione di Riina.
Io credo sia un problema tutto italiano del cinema.
In America lo spettatore al cinema ci và sapendo bene che è un film. Alle volte si immedesima ma uscendo dal cinema tutto finisce lì. Lo stesso con le fiction americane e le soap. Ma l'america rispetto all'Italia aveva e ha una grande capacità: se doveva mettere nel filmo nella soap o nella fiction il cattivo allora si sceglievano volti da cattivo come per esempio Jack Palance. Cosi' che nessuno spettatore voleva essere poi nella vita reale un cattivo. In Italia invece per un Riina, un Provenzano, si sceglie un volto simpatico perchè la corsa al bello è ormai inarrestabile anche per il cinema. Nessuno può negare che il volto della fiction di Riina di Mediaset sia un volto per niente rappresentativo della malvagità di un Riina. Riina nella fiction non è un Jack Palance, non è un cattivo. Ha un volto di un contadino che semplicemente fà la sua strada, uccide chi gli viene contro. Non viene fuori la malvagità della mafia. Nemmeno gli omicidi rappresentati scalfiscono l'animo e la sensibilità dello spettatore perchè colui che ordina gli omicidi ha un volto simpatico.
Non il volto tetro di un viddano senza arte e cultura come lo è un mafioso.
E chi i mafiosi li ha conosciuti in quegli anni sulla propria pelle o attorno alla propria vita sà che quel Riina e i suoi compari non assomigliano a loro.
I vari Michele Greco, Piddu Madonia, Michelangelo La Barbera, Bernardo Provenzano, Luciano Liggio, Leoluca Bagarella, Giuseppe Di Cristina, Vito Ciancimino, Scarpuzzedda recitati non rappresentano affatto i volti della mafia. E' una crisi del cinema o una crisi di valori?
Se ricordate i film americani e i primi film italiani per esempio sulla seconda guerra mondiale noterete come è impossibile per lo spettatore identificarsi in un volto del cattivo rappresentato nel cinema americano: in Italia per Riina si è scelto un bravissimo attore ma simpatico.
Lombroso non centra niente per carità ma al cinema la fictin, anche nei film storici e di cronaca, deve restare fiction.
L'errore di questa fiction è questa.
Al di là della mancanza nello sceneggiato della stampa come il collega Francese o dei Carabinieri ( sembra che le indagini dopo il Colonnello Russo non li abbia fatti più nessuno dell'Arma...), non escono fuori le collusioni con la Massoneria deviata e solo in provincia di Trapani ce n'erano ben 6 ( e Madonia era iscritto a una di queste ) di cui una tutta al femminile. Non esce fuori la collusione con la politica: sembra che il solo Ciancimino avesse le redini di tutto in mano. Non escono fuori le responsabilità culturali della Chiesa.
Andiamo, siamo seri!...
Non esce fuori poi la complicità silenziosa e quasi totale del popolo siciliano di quegli anni quando gli unici da emarginare erano musicisti, comunisti, giornalisti e artisti e gente libera che infatti o morirà ammazzata o vivrà emarginata in Sicilia o andrà via dalla Sicilia.
Non escono fuori quelle alleanze quasi totali, quell'accettazione in quegli anni della mafia come dato di fatto da parte del mondo politico italiano tranne rarissimi esempi, come parte integrale di un sistema con cui convivere o andare via o lottare perchè si aveva una divisa.
Comprendo che oggi gli attori vogliono tutti essere amati e quasi nessuna agenzia cinematografica oggi coltiva più volti strani e cattivi e che possano impersonare le parti peggiori della vita.
E' una spalmata di marmellata sulla vita, nient'altro.
Ma il Riina che hanno arrestato lo avete visto, il vero Riina dico: quello si che ha i tratti di chia ha ordinato le stragi, infatti è il vero Riina.
Ma nel Riina della fiction non ci vedo nessuna malvagità. Durezza si, malvagità no.
Credo sia un problema tutto del cinema. Nel cinema americano mai avrebbero fatto recitare a Paul Newman o Robert De Niro un personaggio alla Riina. Perchè gli americani il cinema lo sanno fare.
Noi sappiamo solo fare spot.
E chi non ha il ricordo o l'esperienza della mafia, chi non ha una certa età cioè, chi è giovane e ha sentito solo dalle cronache le vicende mafiose allora pensa che il Riina vero sia quello della fiction e non quello vero.
La fiction in pratica mette di fronte solo due poteri che si fanno guerra: i viddani che credono nei valori, pensa , della famiglia, e uomini in divisa e dello Stato.
Noi sappiamo che non è stato cosi.
Una buona domenica
N.B. Nella vita privata Jack Palance era invece di una sensibilità estrema e per niente cattivo. Questo dunque a significare che era un grande professionista che coltivava il suo volto che la natura gli aveva dato un pò così...ma lo coltivava per ruoli da cattivo così come serve al cinema da professionista.
Il cinema è finzione ma anche verosomiglianza.
Se oggi tutti vogliono essere belli e amati ben consci che lo spettatore si identifica allora aspettiamoci di vedere in un prossimo futuro un Hitler buonista e per certi versi quasi vittima della storia. E i ragazzi lo assolveranno se proprio non lo ameranno.
Antonio Pignatiello
Tanto per trattare di cinema americano, visto che sembra piacere tanto al buon Pignatiello. Robert De Niro è stato, tra l'altro, Al Capone ne «Gli intoccabili» (1987) di Brian De Palma, il terrificante Max Cady del «Cape Fear» (1991) di Martin Scorsese, il rapinatore Neil McCauley in «Heat» (1995) di Michael Mann, l'ex galeotto assassino Luis Gara in «Jackie Brown» (1997) di Quentin Tarantino, il sanguinario boss James Conway ne «I bravi ragazzi» (1990) ancora di Scorsese, nonché il giovane Vito Corleone boss in ascesa nel «Padrino parte II» (1974) di Francis Ford Coppola.
Per citare qualche altro attore americano di quelli che - par di capire - piacciono a Pignatiello: Marlon Brando è stato anche il terrificante colonnello Kurtz nell'«Apocalypse Now» (1979) di Francis Ford Coppola e, ovviamente, don Vito Corleone nel «Padrino» (1972) sempre di Coppola; mentre Al Pacino è stato Michael Corleone nella trilogia del «Padrino», il sanguinario Tony Montana dello «Scarface» (1983) di Brian De Palma e il luciferino John Milton nell'«Avvocato del diavolo» (1997) di Taylor Hackford. E' il caso di continuare?
O Pignatiello, ma quali film hai visto?
Di Stefano, sta calmo e fà poco lo spiritoso.
I personaggi del cinema americano impersonati da quei grandi attori che citi non avevano ucciso decine di magistrati, poliziotti e giornalisti.
La mafia americana, per quanto implacabile nei suoi affari illeciti, ha una tradizione diversa in questo modo di agire.
Solo i Corleonesi hanno avuto un modo di agire frontale verso lo Stato.
In quanto ad Apocalypse now si tratta di guerra, quella del Vietnam, la guerra è sempre tragica e sbagliata ma ha modalità dove non esistono buoni e cattivi perchè in guerra tutti uccidono.
Non per questo la mafia americana è migliore di quella italiana ma nemmeno ha mai raggiunto i livelli che ha raggiunto quella siciliana degli ultimi 40 anni.
La mafia dei corleonesi ha fatto una guerra ad uno Stato democratico che in quanto Stato anche se criticabile in molte cose è pur sempre rappresentante delle garanzie democratiche dei cittadini.
I gangsters hanno una tradizione diversa dai viddani corleonesi e non solo nel cinema.
E ad ogni modo non cerco persone che la pensano come me o mi diano ragione, ho espresso solo un mio modo di vedere sulle cose.
E leggi meno la Bibbia se ti fà male; io per esempio non ne ho letto nemmeno una riga: preferisco da sempre leggere il Tex.
Ossequi
Antonio Pignatiello
Caro Pignatiello,
tu hai testualmente scritto che «l'America rispetto all'Italia aveva e ha una grande capacità: se doveva mettere nel film, nella soap o nella fiction il cattivo allora si sceglievano volti da cattivo (...) così che nessuno spettatore voleva essere poi nella vita reale un cattivo». Io ti ho semplicemente dimostrato - fornendo un elenco monco per ragioni di spazio - che hai scritto una fesseria.
Adesso ti arrampichi sugli specchi, improvvisando distinzioni tra gangster americani e «viddani corleonesi», come se, per citarne uno, Al Capone (cui si ispirò Howard Hawks per il suo «Lo sfregiato» [in originale «Scarface»], di cui lo «Scarface» di De Palma è il remake) fosse stato un delinquentello da quattro soldi...
Liquidi «Apocalypse Now» come semplice film di guerra (ma lì il Kurtz interpretato da Brando è la personificazione del male) ed eludi la questione posta dalla trilogia del «Padrino».
Circa poi la tua affermazione sul fatto che in guerra non esistano buoni e cattivi stenderei un velo pietoso, perché altrimenti dovremmo pensare - solo per fare un esempio - che tra la Germania hitleriana e i Paesi a cui mosse guerra non vi fosse differenza...
Fai male a non aver mai letto «una riga» della Bibbia: è una lettura istruttiva, almeno quanto Tex...
Buone cavalcate sulle piste dell'Arizona.
A mio parere la solo idea di realizzare e trasmettere, tra uno spettacolo e un altro, una fiction su Riina intitolata capo dei capi e' semplicemente oscena!!! Mi basterebbe farvi vedere la luce balenata negli occhi di un amico che commentava "criticamente" che grande malvagita' era rappresentata.... Mi sono rifiutata di vedere anche solo una scena
Mi tengo Tex, grazie.
E Corto Maltese.
AP
Be', allora mettici anche Dylan Dog, no? E, per restare a Pratt, Wheeling...
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